Agata si sveglia.
Si stira ad occhi chiusi, per benino allunga tutte le sue curve usando i tanti piedi che ha.
Poi apre gli occhi e si guarda attorno.
È ancora sotto le foglie della sera prima. È ancora un verme. Un verme cicciottello che nessuno vede.
Scende più in fretta che può dalla foglia, lungo lo stelo, e striscia sull’erba.
Agata va lenta.
Uno, gobba su. Due, gobba giù. Uno, gobba su. Due, gobba giù. Uno, su. Due, giù.
“A che mi servono tutti questi piedi se non posso correre?” strilla in mezzo all’erba verde.
Di gobba in gobba, di filo d’erba in filo d’erba, arriva sul bordo del ruscello. Guarda giù.
L’acqua scivola via veloce, in gorghi e salti tra i massi che affiorano. Scroscia, rimbalza, gorgoglia e corre via. A vedere tutto quello scorrere incessante Agata si sente una palla di grasso. Sì, un bozzolo pieno di grasso con tanti piedi inutili. Si guarda la pelle: verde, tesa, sembra che stia per scoppiare.
Ma invece non scoppia.
Se ne sta lì con gli occhi e la bocca piegati in giù. Si lascia attraversare dal fragore spumeggiante dell’acqua. poi d’un tratto la vede.
È sua madre.
Il corpo di sua madre è disteso sull’acqua e scivola via con la corrente.
Agata si accorge che è truccata, cosa così inusuale per lei. Ha gli occhi chiusi, pare che dorma, ma forse è morta. Eppure le labbra sono rosse ed i capelli sono acconciati. Scivola via col suo trucco e la sua acconciatura.
Gli occhi restano chiusi: non vede più Agata.
“MAMMA!” grida Agata.
Ma lei non si volta e continua la sua corsa.
“Mamma!” singhiozza Agata con il corpo proteso in avanti. Si sporge così tanto che cade in acqua.
Splash!
Prima va giù, sott’acqua, e poi torna su annaspando. Ora anche Agata scivola via con la corrente nell’acqua fresca e raggiunge sua madre. Che ha ancora gli occhi chiusi, il trucco e l’acconciatura intatta.
Si aggrappa al vestito della sua mamma e con fatica ci sale su. Striscia fino al viso e la guarda dormire. Si avvicina al naso ma dalle narici non esce respiro. Il corpo continua a scivolare via con Agata sopra, sempre più veloce.
“Mi prude forte la schiena. Anzi mi sento tutta un prurito come quando ti viene da starnutire, ma è in tutto il corpo” pensa Agata.
Soprattutto la schiena le prude da morire. Sente una smania forte e respira in modo sempre più accelerato.
Un salto di roccia la stacca dal viso di sua madre. Per un attimo resta sospesa in aria e poi ricade giù. Il corpo scivola ancora più veloce.
“E se troviamo un’altra cascata? un salto di roccia più alto?”. Il pensiero arriva come una folgore e la fa tremare.
Il prurito sulla schiena sta aumentando. Comincia a sfregarsi contro i capelli della mamma, ma le danno poco sollievo. Allora prova contro gli abiti, ma anche quelli le giovano poco.
“Oh, se potessi sfregarmi contro un legno secco!”.
In quel momento un altro salto di roccia la sbalza prima per aria e poi nell’acqua.
“MUOIO!” grida mentre i flutti la inghiottono.
Dopo poco invece riemerge vicino alla sponda e riesce ad incagliarsi in un ciuffo d’erba.
Con fatica si issa su e striscia via, in cerca di un legno secco. Finalmente ne trova uno e ci si avvolge. Poi comincia a strofinarci la schiena con forza, con tutta la forza che ha.
Il prurito aumenta sempre di più e strofinarsi così forte le dà sollievo, ma anche dolore. Continua finché non cade esausta e si addormenta.
Si trova in una stanza, c’è una finestra aperta. Sono in sette, sette donne compresa lei.
Sono tutte nude e stanno per improvvisare un concerto. Una ha la chitarra, una la cetra, una terza canta, altre ballano.
Agata è lì e fa la sua parte: quella della leonessa. Ruggisce forte e spicca un balzo.
Agata si sveglia di soprassalto.
Si guarda intorno e non si vede più. Non c’è più la pelle verde e tesa sopra il grasso.
Guarda giù e vede solo due piedi, magri magri, in fondo a due zampe smilze.
E non vede nient’altro se non un gatto nero con gli occhi gialli che la guarda muovendo la coda di qua e di là. Poi spicca un balzo verso di lei. Agata salta in alto e dispiega le ali.
Sono colorate di rosa, giallo, azzurro ed indaco. Lei non può vederle, ma sente che ci sono. Non sono proprio ali di Aquila ma funzionano bene lo stesso.
E vola via verso il sole.