Amore mio…

Amore mio, ti scrivo questa lettera perché spero che ti ricorderai di me come io mi ricorderò di te, anche se ci siamo lasciati.

È stato un grande AMORE il nostro, di quelli con la A maiuscola, con tutte le altre lettere maiuscole, una cosa così grande che sembrava non dovesse finire mai. Invece è finita, forse non doveva iniziare, mi sarei risparmiata tutta questa sofferenza.

Mi manca tanto non sapere come stai. Soprattutto come stai senza di me. Se riesci a sopravvivere, malgrado tutto. Nessuno mi dà  tue notizie, neppure gli amici, nessuno mi vuole parlare di te, solo ogni tanto, qualche vago accenno. Magari vogliono mantenere il riserbo, non darmi tue notizie per non farmi rivivere certe emozioni ? non so, però vorrei sapere. E intanto penso a te.

Penso a te ogni volta che cerco di masticare e mi accorgo di quei denti che non ho più. Mi avevi dato una gomitata, ma mica volevi farmi male. Era solo che eri un po’ arrabbiato, non ricordo il perché, è stato un movimento così, d’impulso. La colpa è stata mia che non ho avuto la prontezza di scansarmi.

Come eri dispiaciuto, dopo!

Io ero lì, con tre denti in mano, un filo di sangue che usciva dalla bocca. Cercavo di sorridere per non farti preoccupare. Ti dicevo “ Non è niente! Tanto avevo già pensato di farmeli rifare…”.

Tu sei stato così carino con me, che dopo hai pianto e mi hai detto “Sei così bella…quando sorridi!”  e poi per farti perdonare il giorno dopo non mi hai portato i fiori, nemmeno i cioccolatini ma un torrone da mezzo chilo. Che pensiero gentile!

Penso a te, ogni volta che squilla il telefono o qualcuno mi parla a voce bassa e devo porgergli l’orecchio buono per sentirlo…

Già, mica posso prendermela con te. È stata colpa mia, ero nervosa e non ho fatto caso a quello che mi hai chiesto, così tu per attirare la mia attenzione mi hai dato una pacchetta sull’orecchio, quella che mi ha spaccato il timpano.

Ma mica volevi farmi male! Noooooo, è che sei così forte tu. Mica per niente fai palestra, tutti i giorni, e che pesi sollevi.

Quella volta, per farti perdonare,  hai detto, mi hai regalato un paraorecchie di peluche color fucsia , che mi vedono anche nella nebbia. Hai voluto che lo mettessi subito e lo tenessi per tutto il mese, quando uscivo e anche in casa.  Il colore si intonava a quello della guancia. Me lo ricordo bene, era luglio di qualche anno fa..

Penso a te, ogni volta che vado a fare la manicure e mi chiedono cosa ho fatto alle dita.  Be’? le mie dita sono un po’ malconce, m’hai fatto una modifica quando hai chiuso con forza lo sportello dell’auto.

Ero venuta per farti un bacio, per fare la pace.   Anche se avevi appena finito d’insultarmi perché ti avevo chiesto di andare a pagare le spese condominiali che io non potevo perché dovevo andare a lavorare e tu invece no.

Come al solito, non avevo capito che tu c’hai i tuoi impegni e non puoi perdere tempo e che cazzo faccio io che vado solo a lavorare e faccio due pulizie un po’ di spesa e da mangiare e lavo e stiro e..

E ho messo la mano per tenere lo sportello aperto e tu l’hai chiuso perché avevi fretta, e non l’hai fatto apposta.

Al pronto soccorso ho detto che me le ero chiuse in una porta blindata.

Non so se ci hanno creduto.  È lì che vado ogni tanto, quando mi capita qualche inconveniente. Sono così distratta. Forse avrei dovuto cambiare  prima che si insospettissero.

Quella volta della mano sei stato così gentile che rientrando mi hai portato un paio di guanti di gomma felpati, perché potessi continuare a lavare i piatti malgrado l’ingessatura.

Penso a te, ogni volta che metto una gonna, lunga. Non vuoi che mostri le mie gambe. Me l’hai regalata tu dopo che mi hai dato uno strattone e sono caduta dalla scala. Ma non l’avevi fatto per farmi del male. È che ero sulla scala a pulire i vetri, con la minigonna, c’era il rischio che qualcuno mi vedesse. Tu mi ami così tanto,  sei così geloso che non vuoi che altri mi guardino. Volevi tirarmi giù la gonna, perché mi coprisse un po’ di più.

C’è mancato poco che volassi dalla finestra, per fortuna che sono caduta a terra. Me la sono cavata con qualche livido in più, ma niente di grave.

Tu, per farti perdonare, hai rinnovato il mio guardaroba. Via le gonne e i vestiti corti o scollati, solo cose che mi coprono bene. Lo fai per la mia salute, per il decoro e perché mi vuoi guardare solo tu.

Ti penso, in questi giorni, ogni volta che vedo il mio occhio nero. Anzi da nero che era sembra stia virando al verde e violetto. Comincio anche a riacquistare un po’ la vista, anche se faccio fatica a leggere e anche a scrivere.

Questa volta non ho capito perché te la sei presa con me. Mi hai afferrata e sono arrivati i calci, mi hai presa per i capelli, hai strappato il toupet che mi avevi regalato per coprire quelli che già mi avevi tolto, e sono arrivati i pugni.

Poi quello sull’occhio, non ci ho visto più.

Non so come ho fatto, c’era un coltello, l’ho afferrato…

Qui, al carcere, mi hanno accolta bene. Sono con una che ha tagliato il collo al marito che, rientrato ubriaco, voleva violentare la figlia. Non so quanto le hanno dato, ma è una brava persona, si prende cura di me e mi ha spiegato come funzionano le cose qua dentro.

So che ti hanno portato all’ospedale, altro non so. Ti penso ogni giorno e non so se anche tu pensi a me. Chissà se un giorno potremo incontrarci di nuovo. Chi vivrà vedrà. Non so come stai tu, se sei vivo o morto, non mi dicono niente, forse, tra qualche giorno, l’avvocato….però ti penso. Gli darò questa lettera per te, perché potrai morire tu ma non il mio amore per te.

 

Sempre tua

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